LA RICHIESTA INASCOLTATA

Un sostegno psicologico

Ci troviamo tutti, o quasi, dentro casa.

Soli o in compagnia del coniuge, dei figli, dei genitori, dei nonni.

Ognuno di noi deve gestire le proprie ansie e le proprie paure. E non pochi, a tal riguardo, cercano di dare aiuto a chi ne ha bisogno: ai familiari ma anche agli ALTRI. Mi riferisco ai sanitari, ormai allo stremo delle loro forze ma sempre pronti a soccorrere le centinaia di persone che si affidano a loro, nella speranza e… nella disperazione di essere aiutati e salvati.                                                       

Percepiamo, nell’aria, la paura e l’angoscia di poterci contagiare, come se il virus fosse sempre intorno a noi, bramoso di agguantarci per soddisfare la sua voracità.

In egual modo, aleggia una forte richiesta di aiuto. E’ necessario, quindi, capire come vanno gestite le emozioni negative che attanagliano tutti noi.

 

Emozioni come quelle che riportiamo di seguito.

La rabbia dei cittadini per la mancanza di un sostegno psicologico e di un’informazione chiara e calibrata sull’epidemia. Si va dalle regole e dalle informazioni precise, comunicate da parte del Governo, a mille altri dati discussi in innumerevoli talk show, che causano un grave aumento dell’angoscia, che scaturisce dalla morbosità della notizia dell’ultimo istante.

Probabilmente non esiste un piano preciso di informazione alla popolazione, né tantomeno una regolamentazione delle notizie che pullulano su tutti i canali web e radiotelevisivi.

La rabbia dei sanitari, i quali non hanno ancora tutti gli strumenti atti a proteggere se stessi dalla possibilità di un contagio: mancano mascherine, tute di protezione, colleghi per turnare e riposare.

La rabbia per tutti quei cittadini i quali, per motivi incomprensibili, continuano a girare per strada e ad organizzare festicciole. Si tratta di una rabbia unita allo sconforto, al dolore, all’impotenza di non poter salvare né accudire tutti; una rabbia legata alla fatica incessante, che non contempla momenti di recupero.

Ormai da decenni si effettuano tagli continui sulle spese sanitarie! E adesso, trovandoci di fronte ad una emergenza sanitaria enorme ed imprevedibile, se ne vedono appieno le conseguenze.

La rabbia dei commercianti, costretti a chiudere le proprie attività. Quelle attività che permettevano loro di vivere e che ora, a battenti serrati, porteranno a dei veri e propri crolli economici. Pensiamo alle librerie, ai bar, ai pub, ai mercatini, ai garage, solo per citarne alcune.

La rabbia di chi, da un giorno all’altro, è stato licenziato, ritrovandosi in condizioni di povertà.

La rabbia, forse, di coloro che, a livello istituzionale, stanno dando il massimo, evidenziando l’insufficienza delle strutture a disposizione.

La rabbia dei giovani verso gli adulti, colpevoli di non averli protetti.

La rabbia dei cittadini ligi alle regole imposte, i quali continuano a vedere persone sconsiderate che continuano a sentirsi onnipotenti, immuni e autocentrati. Si tratta di individui che agiscono per una paura impensabile ed indicibile, a tal punto da portarli a negare l’angoscia interna e la realtà esterna per sopravvivere. Si comportano così perché semplicemente incoscienti o perché presentano delicatezze psicologiche, che in questi frangenti esplodono con meccanismi non idonei a gestire la realtà.

Seguono, forse, consigli e dettami di chi specula sulla paura dei cittadini e sull’affaticamento delle forze istituzionali, al fine di aumentare il caos per motivi personali (malati) o elettorali?

Mah… Probabilmente la verità è che esistono molti cittadini con poco senso civico, perché quest’ultimo, negli ultimi anni, è diventato sempre più desueto, non di moda, non “fico”.

La difficoltà di stare con se stessi, che ci fa sentire spaesati, angosciati, terrorizzati. Siamo abituati a correre, a riempire gli spazi mentali perdendo quella capacità di fermarsi; al contrario, avvicinarsi ai nostri pensieri, ascoltare i nostri bisogni più profondi, riconoscere le nostre esigenze, conoscere per accettare i nostri conflitti per trovarne le soluzioni ci è poco abituale.

E forse ci spaventa pure.

La noia che si cerca sempre di tenere lontana, senza capire quanto faccia bene ogni tanto annoiarsi. La noia dilata, infatti, i momenti e ci dà l’impressione di vivere più a lungo. Riempire e riempirci di cose e attività fa bruciare il tempo, lasciandoci – non di rado – insoddisfatti.

La solitudine, inevitabile quando si sta chiusi in casa, specialmente per chi non può continuare a lavorare o per chi, il proprio impiego, lo ha appena perso. Si sta lontani dai propri cari, dai compagni di una vita.

Da un giorno all’altro, in queste recenti settimane appena trascorse, come avvenuto col muro di Berlino, si sono ritrovati divisi i fidanzati, i genitori dai figli, gli amici.

Difficoltà ad accettare di dover mantenere la distanza fisica dagli altri; quegli altri che potrebbero essere probabili portatori di contagio. I cittadini del Mediterraneo, sempre molto affettuosi nonché abituati, per forza di cose, in molti contesti, a vicinanze estreme (come sui mezzi pubblici) o a lavorare a contatto con gli altri, da un momento all’altro, devono stare a distanza tra loro, negandosi una stretta di mano, un abbraccio. E’ come se si dovesse andare contro tutti gli apprendimenti che fanno parte di un imprinting antico, che ha permesso la sopravvivenza biologica e psicologica della nostra specie.

Sarà davvero difficile, una volta che l’epidemia sarà vinta, ritornare negli spazi aperti, a contatto con le persone, ai saluti affettuosi. Di sicuro sarà più semplice tornare alla normalità che adeguarsi a dettami comportamentali nuovi, ma si necessiterà, comunque, di un po’ di tempo per potersi riadattare.

Ma chi è che ascolta e accoglie tutte queste emozioni?

L’epidemia da Covid-19 è diversa dalle emergenze naturali. Solo i medici e il personale parasanitario possono avvicinare e aiutare i contagiati; solo le Forze dell’Ordine e i volontari di Protezione Civile, seppur a distanza, possono aiutare la popolazione.

 

E gli psicologi?

L’aiuto medico deve essere, inevitabilmente, unito al soccorso psicologico.

Le Istituzioni , le Associazioni , hanno attivato dei servizi di sostegno alla popolazione, ma ancora non è abbastanza. Il malessere psicologico aumenterà sempre di più a causa dell’aumento dei disagi, delle angosce dei contagiati, delle persone che hanno perso parenti ed amici cari e di quelle che, restando chiuse dentro casa, cominceranno a perdere il senso del tempo a favore del senso di solitudine, visto che, sempre per più tempo, non potranno incontrare e abbracciare i propri cari.

 

Il Centro Alfredo Rampi, con i suoi psicologi dell’emergenza e con la sua rete di collaborazione di psicoterapeuti, sta facendo la sua parte, in attesa di poter ricevere un sostegno dalle Istituzioni, super oberate, in questo dato momento storico, dal dover garantire il massimo per la salvaguardia della nostra vita. Si è in attesa che le istituzioni mettano in moto la catena dei soccorsi psicologici, attivando, in maniera coordinata e precisa, le Associazioni di Psicologi dell’Emergenza riconosciute dal Dipartimento di Protezione Civile.

 Nel frattempo abbiamo bisogno di un sostegno economico per poter garantire il Servizio del numero verde per il costo elevato delle ricariche telefoniche e la molte di operatori coinvolti.

Il Servizio  sta ricevendo tantissime richieste che possono restare inascoltate.

Sono sicura che, a breve, il bisogno di sostegno psicologico, vitale al pari di quello fisico, essendo nell’individuo i due aspetti inscindibili e interconnessi, riceverà l’attenzione che merita.

 

A cura di Rita Di Iorio, Presidente del Centro Alfredo Rampi Onlus